Capoterra, i soldi per la messa in sicurezza del territorio non si toccano: ora scendono in campo le mamme e Barbara Cocco, scrive una lettera alle istituzioni per chiedere l’inizio dei lavori mettendo in campo i poteri straordinari del Commissario per le emergenze.
Nessuno ci sta. Tutti gridano la loro rabbia per i soldi scippati per la messa in sicurezza del territorio che da queste parti 5 anni fa ha fatto 4 morti.
Da alcuni giorni circola la notizia, diffusa dall’assessore regionale dei Lavori Pubblici Angela Nonni e Marco Espa del Pd decisi dalla legge di Stabilità che prevede il dirottamento dei 27 milioni di euro stanziati per la messa in sicurezza dei territori.
Venerdì scorso il Consiglio comunale ha approvato un severo documento in cui dà mandato al sindaco Francesco Dessì di “Marciare su Roma”.
E ancora, “l’Associazione 22 ottobre”, ha inviato a tutti le istituzioni, comprese le autorità giudiziarie per smuovere la situazione: “Cinque anni sono trascorsi inutilmente tra iter, timbri e permessi e di lavori per la sistemazione idraulica dell’intera area a rischio, ma di cantieri aperti ancora non se ne vedono”.
Adesso scendono in campo ancora una volta i cittadini, le mamme che portano i figli a scuola, ma non appena inizia a piovere inizia il terrore.
Da queste parti l’acqua fa paura. Esperienze traumatiche difficili da dimenticare, quando nel 2008 molti genitori erano in strada per portare i figli a scuola.
Quel 22 ottobre è successo il finimondo. La furia dell’acqua del rio San Gerolamo ha rotto gli argini e allagato il territorio spazzando via la scuola materna. Fortunatamente la campanella non era ancora suonata e i bimbi sarebbero arrivati da lì a poco.
Gli insegnanti aveva trovato scampo, chissà con quale evento fortuito.
“Sono Barbara Cocco, rappresento un gruppo di oltre 700 cittadini che chiedono di far sentire la loro voce. Abitiamo nel territorio di Capoterra, area duramente colpita dall’evento alluvionale accaduto il 22 Ottobre del 2008.
Da allora, nonostante le numerose promesse, si è assistito ad un assoluto immobilismo da parte delle istituzioni.
Gli stessi Commissari straordinari susseguitisi hanno dimostrato la totale incapacità di gestire la ricostruzione post evento e la messa in sicurezza del territorio.
Mai nessuno ha utilizzato gli strumenti straordinari per dare snellezza e rapidità agli interventi che sono oggi sempre più necessari ed impellenti.
Ricevere la notizia che il Senato della Repubblica avrebbe approvato il 70° comma all’articolo 1 della legge di Stabilità che prevede il dirottamento dei 27,6 milioni di euro stanziati per la messa in sicurezza dei territori colpiti da altri eventi di carattere idrogeologico avvenuti negli anni passati, ci ha lasciati esterrefatti.
Da ciò è nata la necessità di segnalare che tale proposta non può che essere frutto di un mero errore da parte dei funzionari e che solo il vostro attento intervento potrà rimediare.
Superfluo rammentare che la ricostruzione di un territorio danneggiato da simili eventi ha un costo enormemente maggiore di quello afferente alla sua migliore messa in sicurezza.
Senza contare il prezzo in vite umane che costantemente la comunità si trova a dover pagare a causa di simili “imbrogli” burocratici.
Dalle parole proferite dal presidente della Regione Cappellacci in un recente incontro televisivo, si evincerebbe che, paradossalmente, i fondi stanziati per la ricostruzione post evento esulerebbero dai conti del c.d. patto di stabilità mentre quelli stanziabili per la messa in sicurezza preventiva vi rientrerebbero.
Un simile malinteso normativo non fa che complicare sempre più il già poco snello lavoro delle amministrazioni locali.
Senza contare che simili opere svolte sotto il diretto e costante controllo del Governo porterebbero ad un considerevole aumento dei posti di lavoro, il che genererebbe, oltre che migliori condizioni di vita per i cittadini, anche un maggior gettito fiscale per lo Stato oltre che un aumento del reddito procapite e quindi delle possibilità di spesa delle famiglie duramente provate dal perdurante stato di crisi”, conclude Cocco nella lettera aperta.
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