L’accidentata via di accesso alla sorgente di Santa Barbara, ricavata nell’affioramento granitico naturale e in parte solcata da antiche carrate
Si tramanda che Santa Barbara, Vergine e Martire Cagliaritana, tra la fine del III e i primi anni del IV secolo d.C. sia stata incarcerata per la sua fede in Cristo e condannata alla decapitazione. La sentenza sarebbe stata eseguita presso una località montana poco distante da Cagliari, allora abitata da minatori e boscaioli alla cui comunità la Santa era forse legata. Tale luogo, in seguito, a ricordo del suo martirio avrebbe preso il nome di Sa Scabitzada (“la decapitata”).
Un autore seicentesco, Dionisio Bonfant, asserisce che nel momento in cui la testa di Santa Barbara cadde al suolo, sotto il colpo di spada del carnefice, subito in quel punto preciso sarebbe miracolosamente sgorgata una sorgente. In seguito, a memoria del prodigio, gli eremiti che abitarono il monte nel corso del medioevo ne avrebbero racchiuso la scaturigine all’interno della piccola cappella tuttora esistente.
Alla sorgente è legata una tradizione popolare così tramandata da Emanuele Atzori: I fedeli che vanno al santuario, prima di bere, depongono su una delle sporgenze della struttura muraria che ripara la sorgente una piccola croce costruita al momento, inserendo uno stecco in un altro lungo la spaccatura creata fino a metà della sua lunghezza. Secondo la tradizione, chi beve senza realizzare la rudimentale crocetta rischia, nel ripercorrere la via del ritorno, di inciampare e farsi male.
Benché nessun documento storico tramandi la datazione esatta del manufatto protettivo costruito sopra la sorgente, questa nelle sue grandi linee può essere comunque determinata su base stilistica e materiale.
La parte più antica è costituita dalla nicchia interna che incornicia la sorgente. Nonostante sia stata palesemente costruita da un muratore non professionista, facendo un largo ricorso a materiali di fortuna come il pietrame granitico locale appena sbozzato e alcuni sottili mattoni spogliati da qualche antico edificio di età romana, il suo arco a sesto tendenzialmente acuto rivela comunque di essere stato esemplato sui canoni dello stile gotico, che in Sardegna subentrò a quello romanico tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo. Considerando che nel 1335 la sottostante chiesetta, per decisione del re d’Aragona Alfonso IV il Benigno, era stata affidata ai monaci Basiliani, e che il nome della sorgente,Sa Scabitzada, è appunto di origine catalano-aragonese, si può ragionevolmente supporre che a costruire la prima nicchia protettiva, nel corso del XIV secolo, siano stati proprio questi religiosi di regola orientale.
Nel Seicento, dopo la scoperta, a Cagliari, delle reliquie della Santa e il recupero dell’antica tradizione relativa all’origine della sorgente, ne fu quindi realizzata una più ampia monumentalizzazione tramite un avancorpo dotato di bancali lungo le pareti e di un’edicoletta contenente un bassorilievo della Santa in stucco dipinto, nello stile delle formelle raffiguranti i Martiri Cagliaritani nel Santuario della Cattedrale di Cagliari, costruito tra il 1616 e il 1635.
Il voltino dell’avancorpo, in sostituzione di quello originale verosimilmente crollato, fu ricostruito da un qualche improvvisato volenteroso tra la fine del XVIII e il XIX secolo, come indicato dal tipo di mattone pieno a costa larga e dal profilo dell’arco, che per quanto sbilenco e praticamente inclassificabile avrebbe forse voluto essere a sesto ribassato, secondo il particolare gusto dell’epoca.
Veduta generale della sorgente di Santa Barbara e della struttura muraria che la protegge. La volta a sesto ribassato in mattoni pieni, palesemente sghimbescia per imperizia dei costruttori, parrebbe essere stata eretta nel XVIII o XIX secolo, in sostituzione di un’altra più antica forse crollata. I due bancali in pietra lungo i lati lunghi sono caratteristici dei luoghi di pellegrinaggio, servendo al riposo di quanti, a scopo devozionale, arrivavano a piedi fin quassù.
L’edicoletta contenente l’immagine a bassorilievo di Santa Barbara Vergine e Martire Cagliaritana, in stucco policromato. Iconografia e stile denunciano palesemente di essere stati esemplati sulle formelle raffiguranti i Martiri Cagliaritani nel Santuario posto sotto l’altare maggiore della Cattedrale di Cagliari, realizzati nella prima metà del XVII secolo dal marmoraro comacino Antonio Zelpi e dal suo aiutante locale Montserrat Carena. Addirittura non sembrerebbe da escludersi la possibilità che proprio a quest’ultimo artefice debba essere attribuita la precisa paternità della figuretta capoterrese. Prima che venisse più volte ridipinta da volenterosi quanto improvvisati “restauratori”, che le hanno attribuito colori di fantasia, essa, come quelle cagliaritane, doveva apparire in vesti bianche orlate d’oro, tipiche dei Martiri nella visione di San Giovanni Evangelista descritta nel libro dell’Apocalisse (7, 9): Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. Santa Barbara indossa una lunga tunica con le maniche strette ai polsi ed un ampio mantello, chiamato palla, classico indumento delle antiche donne romane. Le ridipinture recenti non consentono di appurare se effettivamente portasse i lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle, o piuttosto, come sembra più probabile, avesse la testa ricoperta da un velo, simbolo di pudicizia e quindi di quella verginità da lei custodita fino al martirio, affrontato all’età di trent’anni. Analogamente alle figure di Santa Adalea Martire Cagliaritana, di Santa Caterina Martire Cagliaritana o di Santa Cecilia Martire Cagliaritana, nel Santuario della Cattedrale di Cagliari, Santa Barbara mostra di aver donato la propria vita per amore di Cristo e a sua perfetta imitazione stringendo nella mano destra una piccola croce. Il simbolo risulta ulteriormente evidenziato dal gesto della mano sinistra, portata all’altezza del petto ad indicare che solo Cristo è davvero importante, e che anche i Santi lo diventano solo in quanto prescelti da lui e conformatisi in lui. Sembrerebbe dunque mancare la palma del martirio, recata da quasi tutte le figurette del Santuario di Cagliari, ma non è da escludersi che, come ad esempio in quella di Santa Bonifacia Martire Cagliaritana, impegnata a reggere un crocifisso con entrambe le mani, essa fosse tracciata sullo sfondo e sia stata quindi ricoperta dalle più recenti ridipinture.
Particolare della nicchia interna costruita esattamente al di sopra della sorgente. La volta, in parte in pietra e in parte in mattoni sottili, probabilmente recuperati da qualche antico edificio di età romana, si mostra tendenzialmente archiacuta denunciando così di essere stata eretta secondo i canoni dello stile gotico, verosimilmente da quei monaci Basiliani stabilitisi in questo luogo nella prima metà del XIV secolo, grazie a una speciale concessione del re d’Aragona Alfonso IV il Benigno.
Particolare delle crocette votive, costruite con mezzi di fortuna, che ancora oggi, seguendo un’antica tradizione, i pellegrini depositano presso la fonte dopo averla visitata.
Consulenza scientifica, ricerche e testi: Mauro Dadea