Dopo la splendida partita di serie A disputata dall’Amatori Rugby di Capoterra contro i cugini della Novaco di Alghero e la encomiabile correttezza negli spalti delle due tifoserie, mi preme far conoscere il mio pensiero in risposta al famoso “editto bulgaro” emanato dal Dirigente Scolastico che ne vieta la pratica del Rugby nelle scuole della nostra cittadina.
Chiarissimo Professore,
Le comunico con molto piacere, ma anche per sua apprensione in fatto di traumatismi sportivi , che né in campo e tanto meno negli spalti, domenica 24 marzo 2013, si sono registrati “incidenti o infortuni “ degni di nota. Il mancato rispetto delle regole in campo e ancor di più nelle tribune dove il tifo in molte manifestazioni sportive degenera in cori razzisti o in episodi di violenza inaudita, che domenica a Capoterra non erano di casa! Ah… scusi, non solo domenica scorsa, ma anche in tante altre, nonostante il Capoterra, in tanti anni, non sia riuscito a regalarci sempre delle vittorie, mettendoci tanto del suo o soccombendo alla manifesta superiorità degli avversari o come tante volte per involontaria interpretazione del regolamento di gioco di chi dirige le gare.
Il comportamento in campo e in tribuna è parte integrante dalla storia di questa pratica sportiva, è una ferrea disciplina che non lascia libertà di accettazione, come un catechismo la si insegna, partendo dai dirigenti delle società e coinvolgendo a seguire tutti coloro che lo insegnano nelle scuole finendo con i tifosi: tutti nessuno escluso, sono educati al rispetto delle regole e dell’avversario, sia in campo che in tribuna. Peccato che domenica, come tante altre domeniche, Lei non fosse presente, le sarebbe servito per farsi una idea di cosa è capace di dare il Rugby.
Per Capoterra, più volte protagonista nelle fasi finali dei Giochi della Gioventù, il Rugby è qualcosa di viscerale, un modo di approcciarsi alle regole per vivere la vita e lo sport, uno dei tanti mezzi che possono andare in soccorso all’istituto educativo scolastico non sempre efficiente. Fortemente convito della missione scolastica, deputata ad impartire cultura, dovrebbe Lei lasciare a tutti gli sport il compito di migliorare e formare il famoso “corpore sano” che diventerà un domani struttura della “mens sana” a cui verrà affidato il compito di dirigere la società.
Peccato che Lei domenica non abbia potuto assistere alla gara, avrebbe un domani potuto raccontare non solo ai suoi alunni, ma anche ai suoi nipoti: “io in quella splendida Domenica di sport di fine marzo al Comunale di viale Trento c’ero perché giocavano, oh pardon, erano in cattedra i vecchi…. ragazzi della mia scuola.”
In attesa di vederla tra noi per tifare Giallorosso, cordialmente la saluto.
Alessandro Careddu