Con lo svolgimento delle consultazioni primarie e l’elezione di Walter Veltroni a segretario del Partito Democratico, sembrava che anche l’Italia, s’indirizzasse verso una forma di bipartitismo perfetto, emblema di tutti i moderni sistemi politici. Elemento esenziale per questa nuova forma partitica, è quella di porre come condizione della stessa sua esistenza, la partecipazione attiva non solo dei tesserati ma anche di quella parte di società civile che pur riconoscendosi nei valori costitutivi del partito, ne condividono l’esperienza da una posizione esterna. I primi mesi di esistenza, sono stati segnati più da disappunti che da successi, dagli oltre 3 milioni di partecipanti alle primarie del 14 ottobre 2007 ad oggi, si sono solamente registrate disfate, non ultima le scorse elezioni regionali in Sardegna, che osservate da un’angolatura esterna, hanno tutto il sapore di una lotta fratricida all’interno dello stesso PD sardo. In molti in quest’ultimo anno e mezzo, si sono domandati come possano coesistere all’interno di un partito due anime completamente opposte; una laica ed una cattolica che davanti a scelte etiche rilevanti, si sono sempre contrapposte, offrendo una sensazione di forte conflittualità all’interno del partito. Qualcuno si è spinto a ricercare la causa dei mali del PD, nella coesistenza al suo interno di due posizioni ideologiche diametralmente antitetiche, dimenticandosi che un partito democratico nasce come risposta al pluralismo ideologico, riuscendo a trasformare le diversità esistenti al suo interno in opportunità per tutto il Paese. Questo è confermato dalla discussione tenutasi per il testamento biologico, un argomento moralmente sensibile che investe le coscienze delle persone e per le quali si è cercato di arrivare ad un testo largamente condiviso da proporre alla maggioranza di governo. Allora viene spontaneo chiedersi: se non è un problema ideologico o etico, in cosa stanno sbagliando all’interno del PD? Se il quesito si ponesse per la Sardegna, la risposta potrebbe essere scontata visto i risultati e l’enorme scarto di voti con cui il Presidente Ugo Cappellacci si è imposto sul Presidente uscente Renato Soru, ma, sarebbe troppo semplicistico un ragionamento che a giochi fatti, portasse a far ricadere tutte le colpe di tale disfatta su di una sola persona. Trova più consensi l’opinione che se il PD isolano avesse svolto a tempo debito le consultazioni primarie tra gli alleati per la scelta del candidato, non si fosse impantanato nella diatriba per la scelta del successore del segretario uscente Antonello Cabras e in particolare se avesse stretto alleanze elettorali con forze minori; socialiste, sardiste, autonomiste e centriste è possibile che il risultato avrebbe potuto essere diverso. Ma un’alleanza elettorale forte e credibile, non si costruisce nel mese antecedente le elezioni, servono anni per istaurare un clima di reciproca fiducia con gli alleati, basato sul rispetto anche nei confronti di quelle forze minori che spesso a torto sono considerate un peso inutile per la maggioranza che governa. Il PD, dovrebbe ripartire dall’entusiasmo con cui i 3 milioni e trecentomila simpatizzanti il 14 ottobre 2007 si sono recati a votare per le consultazioni primarie. Un PD forte, non è un obiettivo che interessa solo il centro sinistra, ma, è una necessità per tutto il Paese. Una Democrazia senza un’opposizione forte, credibile e unita, rischia di degenerare verso forme di populismo, o di nazionalismo, fenomeni che ciclicamente in Italia riemergono, riesumando ricordi che ormai si considerano appartenenti alla storia.
Giuseppe Pala