Quando la generosità della Natura incontra la mano dell’Uomo, la campagna si trasforma in filari di vite, boschi di piante d’ulivo, giardini con ogni varietà di frutta e orti rigogliosi. Era questo lo spettacolo che il viaggiatore poteva osservare attraversando il litorale di Capoterra. Cinquecento ettari di Buona Terra che producevano ricchezza e posti di lavoro. Quelle immagini, impresse nella pellicola fotografica, sono arrivate fino a noi. Ma la Buona Terra non c’è più: è sepolta sotto il cemento delle case e l’asfalto di una città costiera che, a partire dal 1961, ha trasformato il litorale cancellando ogni forma di attività agricola.
Di questa trasformazione, che ha avuto importanti ripercussioni sull’evoluzione economica e sociale del territorio, si parlerà sabato 15 dicembre a Capoterra. Alle 17,30, nella sala assemblee della Casa Melis, in corso Gramsci, saranno proposte immagini e testimonianze con interventi di Angelo Aru docente di Geopedologia nelle università di Venezia e Cagliari, Mauro Dadea archeologo, Oreste Pili amministratore civico particolarmente sensibile ai temi della sardità, Carla Cancellieri e Giacomo Mallus abitanti del villaggio costiero, Angelo Pani giornalista ed Elio Spadaccino, figlio di uno degli imprenditori che negli anni Trenta del secolo scorso lasciarono le industrie del Nord e puntarono sulla rinascita agricola del litorale di Capoterra.