Cosa assimila Capoterra a Roma? La domanda potrebbe sembrare assurda eppure qualcosa c’è, oltre naturalmente al vincolo amministrativo che lega ogni centro abitato d’Italia alla sua capitale.
L’elemento comune è costituito dal fatto che entrambe conoscono con precisione la loro data di nascita: il 21 aprile del 753 a.C. per Roma, mentre risale al 9 maggio 1655 l’atto con cui il barone Girolamo Torrellas, feudatario locale, concesse vari privilegi ed esenzioni fiscali a quanti si fossero trasferiti nella “Villa nueva de San Efis de Caputerra”, da lui stesso fondata. O per meglio dire ri-fondata, perché il territorio capoterrese è stato abitato fin dalla più remota preistoria, ben prima dei nuraghi. Il suo abbandono è durato soltanto tre secoli, dalla metà del XIV alla metà del XVII, a causa di guerre e carestie.
Nel 2005, dunque, Capoterra ha festeggiato i primi 350 anni della sua nuova vita. L’importante ricorrenza è stata celebrata dall’Amministrazione comunale lo scorso 10 dicembre, convocando una tavola rotonda sul tema: “Capoterra 1655-2005: trecentocinquant’anni di una nuova storia”, che si è svolta nella suggestiva cornice della “Casa Melis”, sede di rappresentanza cittadina.
Il compito di dare il benvenuto al folto pubblico è stato assunto dal sindaco Giorgio Marongiu, che ha rimarcato come un simile anniversario, in cui la storia del paese sarebbe stata ripercorsa dalle origini ai giorni nostri, doveva essere soprattutto l’occasione per fare il punto su cosa la comunità capoterrese sia stata nel passato, su cosa sia adesso e su cosa voglia essere nel futuro.
I lavori, moderati da Claudio Cugusi, redattore capo de “Il giornale di Sardegna”, hanno avuto inizio con la relazione dell’archeologa Maria Grazia Melis, che ha trattato di “Capoterra nella preistoria e nella protostoria”. La studiosa, autrice del censimento archeologico del territorio comunale, ha evidenziato la ricchezza e l’importanza dei suoi monumenti, che tuttavia giacciono perlopiù in un grave stato di abbandono: il 60% è in condizioni mediocri, il 15% addirittura pessime.
Alcuni casi concreti di questo degrado sono stati mostrati da Mauro Dadea, anche lui archeologo, a proposito de “Il territorio di Capoterra dall’età punica al medioevo”. Un’impressionante sequenza fotografica, risalente agli anni 1998-2000, ha documentato la distruzione di quanto rimaneva della chiesa medievale di Santa Maria Maddalena, spazzata via per lasciare il posto alle villette della Residenza del Sole. L’intervento di Dadea, però, è stato anche propositivo. Di grande vantaggio allo sviluppo turistico del paese, a parere dello studioso, potrebbe essere indagare un villaggio romano in località Bacchialinu, che sotto una fitta vegetazione si mostra ancora straordinariamente ben conservato: i suoi abitanti erano forse minatori adibiti allo sfruttamento dei vicini giacimenti ferrosi di Monte Sant’Antonio.
Il decano degli studiosi capoterresi, Emanuele Atzori, si è invece occupato di illustrare “Capoterra in età moderna e contemporanea”, a partire dal suo atto di fondazione da lui stesso scoperto. Ad Atzori, cui si deve anche la prima monografia scientifica dedicata alla storia del paese, la limitatezza del tempo a disposizione non ha purtroppo consentito che rapidi cenni su una materia affascinante, resa vastissima proprio dalle sue lunghe ricerche.
Precise messe a fuoco di problematiche più particolari si sono quindi avute da parte di Maria Cristina Dessì, che ha parlato di “Società e criminalità a Capoterra nella prima metà dell’Ottocento”, e di Bernadette Puddu, con una brillante “Sintesi storica sulla parrocchia di Capoterra”.
La manifestazione è stata aperta anche ai ragazzi della classe 3I della Scuola secondaria di I grado “Costantino Nivola” di Capoterra, che hanno presentato i risultati di una loro ricerca su “La scuola in Sardegna e a Capoterra”: tanto interessanti da essere stati opportunamente pubblicati in volume grazie a uno speciale contributo finanziario del Comune.
All’assessore alla cultura Enrico Congedo il saluto finale, imperniato sulla sottolineatura di una circostanza particolarmente felice: i vari apprezzati studiosi che hanno animato la serata sono tutti di Capoterra. Come dunque il paese, ormai, in ambito culturale può fare brillantemente da sé, altrettanto, e presto, dovrà poter fare anche in tutti gli altri campi, da quello sociale a quello economico, sfruttando in maniera intelligente le grandi risorse di cui il territorio dispone.
Questo, da parte dell’Amministrazione comunale e di tutti i cittadini, vuole essere veramente l’augurio per Capoterra, che da piccolo centro agricolo, in poche decine di anni, è diventato una vera e propria città: continuare a crescere, migliorando continuamente se stessa.
Cesare Valentini
I video della conferenza che si é tenuta il 12 dicembre 2005 presso la “Casa Melis” per festeggiare il 350° anniversario di fondazione del paese di Capoterra.