Versare in una terrina lo strutto, mezzo bicchiere di acqua tiepida e un pizzico di sale; incorporarci tanta farina quanto basta ad ottenere un impasto piuttosto morbido. Lavorarlo con una certa energia, fino a renderlo liscio e omogeneo. Raccoglierlo a palla, coprirlo con un telo umido e metterlo per circa un’ora in frigo. Il ripieno è composto da tocchetti di carne d’agnello tagliati dal cosciotto e dalle parti morbide e condite con il solito pesto di pomodori secchi, aglio, prezzemolo e olio. Il tempo di cottura è di circa due ore. Volendo si possono aggiungere alla carne mezzo chilo di pisellini freschi sgranati e la pietanza già buonissima anche senza piselli, diventa raffinatissima.
Versare in una terrina lo strutto, mezzo bicchiere di acqua tiepida e un pizzico di sale; incorporarci tanta farina quanto basta ad ottenere un impasto piuttosto morbido. Lavorarlo con una certa energia, fino a renderlo liscio e omogeneo. Raccoglierlo a palla, coprirlo con un telo umido e metterlo per circa un’ora in frigo. Fregare le anguille con abbondante sale grosso, sciacquarle in acqua corrente, levare le interiora, staccare e buttare la testa, tagliarle in trance di circa dieci centimetri e sistemarle in una terrina. Tritare quattro pomodori secchi, il mazzo di prezzemolo, il mezzo spicchio d’aglio; diluire il pesto con tre cucchiaiate d’olio d’oliva e versare il tutto sulle anguille. Rimestare bene e non aggiungere sale perché sarà sufficiente quello contenuto nei pomodori secchi.Dividere la pasta in due pezzi di cui l’uno sarà il quarto dell’altro e stenderli con il mattarello in forma di disco. Sollevare il disco più grande, reggendolo con i pugni chiusi per non lacerarlo, farlo aderire al fondo e ai bordi di una tortiera dal diametro di circa venti centimetri. Adagiare al centro del disco metà delle anguille e disporre il rimanente a piramide; irrorare con un filino d’olio e posare sulla cuspide del monticello di anguille, il disco piccolo di pasta. Staccare dai bordi della teglia l’estremità del disco grande, raccoglierla formando quattro pieghe e far aderire la sfoglia al cumulo di anguille; far combaciare i lembi dei due dischi, unirli stringendoli fra le punte del pollice e dell’indice e formare un cordoncino lungo tutta la circonferenza delle due sfoglie riunite. Si avrà così un involucro ermeticamente chiuso, largo alla base e stretto in cima, approssimativamente simile a un tronco di cono. Se il tutto risultasse un po’ bitorzoluto se ne può correggere la forma con qualche opportuno colpetto assestato con le mani aperte e procedendo come se si dovesse sistemare bene un fagotto contenuto in un fazzoletto legato per le cocche. Così la panada sarà perfetta e pronta per essere cotta. Va messa in forno a medio calore e lì lasciata per circa due ore; la si dovrebbe gustare calda, ma se si avesse la necessità di doverla riscaldare basterà rimetterla nel forno freddo, accendere la fiamma, attendere che sia ben caldo ed estrarre la panada.
Lavare e scolare la carne di cinghiale dopo averla tagliata a pezzetti, come per lo spezzatino. Rosolare i pezzetti di cinghiale in un tegame con un filo d’olio extravergine d’oliva. Aggiungere i 5 spicchi d’aglio dopo averli tagliuzzati. Proseguire la cottura a fuoco lento, aggiungere ancora un po’ d’olio e un bicchiere di vino bianco, dopo che questo è evaporato aggiungerne altro per mantenere la carne umida e rimestare ogni tanto. Nell’ultima mezz’ora di cottura aggiungere 2 cucchiai di sale o quanto basta, tagliare 4 cipolle tonde a fette grandi e versarle nel tegame, una volta che le cipolle si sono ammorbidite versare mezzo bicchiere di aceto bianco, lasciarlo evaporare non dimenticando di rimestare ogni tanto e… Buon appetito.
“Sa taccua” o “mazzo di grive” è costituita da un gruppo di 8 uccelli, tra tordi e merli. “Su Pilloi de Taccua” è per eccellenza il piatto tipico capoterrese più conosciuto. Spennare i tordi badando a non lacerarne la pelle, lavare il becco di ogni uccello, soprattutto nella parte interna, tagliare le zampette, quindi metterli a lessare in una grande pentola a fuoco vivo, per circa 16-18 minuti, in acqua bollente salata. Terminata la cottura, quando ancora i tordi sono molto caldi, salarli nuovamente nel dorso e nelle cosce e lasciarli sfreddare all’aria, pressarli con altri teneri rametti di mirto, in modo da farne assorbire tutto l’intenso profumo. Per ottenere il cosiddetto “mazzo di grive”, si devono legare i tordi fra loro infilando un sottile rametto di mirto, a cui è stata tolta la corteccia, nel becco d’ogni uccello, alternandoli, uno con il dorso rivolto verso il basso, e l’altro verso l’alto. Chiudere il rametto di mirto attorcigliando le due estremità. Cospargere con foglie di mirto un piatto da portata e sistemare sopra il mazzo di grive dopo che si è sfreddato, in modo che i tordi siano l’uno di fronte all’altro, ricoprire totalmente gli uccelli con foglie di mirto. Aspettare alcune ore prima di servire affinché le grive prendano il sapore del mirto.