È stato presentato ieri, nella prestigiosa cornice del Teatro lirico di Cagliari, il nuovo libro dell’archeologo Mauro Dadea “Misterius. La Settimana Santa a Cagliari”, splendidamente illustrato dalle fotografie di Mario Lastretti.
Il folto pubblico, che ha gremito all’inverosimile gli spazi del pur vastissimo teatro cagliaritano, contemporaneamente alla presentazione del volume ha potuto assistere anche all’inaugurazione di due mostre: una dedicata agli antichi argenti delle arciconfraternite del Gonfalone, della Solitudine e del Santo Cristo, che dei riti della Settimana Santa cittadina sono le principali protagoniste; e l’altra rappresentata da una selezione di trenta tra le migliori immagini contenute nel volume, stampate in formato gigante.
A presentare i contenuti del lavoro è stato Giorgio Pellegrini, assessore alla Cultura del comune di Cagliari, non solo nella sua veste istituzionale ma soprattutto in quella di docente universitario di Storia dell’arte. Lo studioso già l’anno scorso, negli spazi del Lazzaretto, era stato curatore della mostra fotografica “Dolorosas. Segni di Spagna in Sardegna”, dedicata al confronto tra le tradizioni popolari della Settimana Santa di Spagna e Sardegna.
La Settimana Santa cagliaritana, con decine tra processioni e sacre rappresentazioni della passione, morte e resurrezione di Cristo, costituisce un evento senza confronti in Sardegna per ricchezza e fastosità. Essa, tuttavia, rimane sostanzialmente misconosciuta non solo al grande pubblico dei circuiti turistici internazionali ma anche, spesso, agli stessi abitanti della capitale sarda.
Questo, probabilmente, perché finora era venuta a mancare nei suoi confronti un’attenzione adeguata da parte della pubblicistica, con uno studio ad essa esplicitamente dedicato. Il libro di Mauro Dadea e Mario Lastretti viene a colmare questa evidente lacuna, assolvendo a una funzione almeno triplice: riporta la prima descrizione completa di tutti i riti; affronta un’analisi puntuale del loro significato paraliturgico; ne indaga le origini e la storia.
Fra testo e immagini i significati simbolici di ogni gesto sono chiariti con profonda erudizione: dalle imbalsamazioni rituali dei vari simulacri, alle loro vestizioni, ai movimenti che vengono loro fatti compiere durante le cerimonie.
Un’attenta lettura viene inoltre riservata a quelli che delle sacre rappresentazioni cagliaritane sono gli attori: le confraternite, le insegne penitenziali, i cosiddetti “sepolcri” per la reposizione dell’Eucaristia il Giovedì e Venerdì santo.
In questa vera e propria sezione tematica indipendente, tuttavia, lo spazio maggiore risulta opportunamente dedicato all’accompagnamento musicale dei riti, che senza dubbio rappresenta il tema meno conosciuto.
Qualcuno, probabilmente, è già a conoscenza del gustoso aneddoto relativo a Su toccu de Cira Santa, che i tamburini delle arciconfraternite della Solitudine e del Santo Cristo eseguono durante le processioni. Il celebre tenore cagliaritano Mario De Candia ne avrebbe fischiettato la melodia al compositore tedesco Giacomo Mayerbeer, il quale se ne servì come tema dell’ouverture della propria opera L’Africaine (1845).
Ancora molto vaghe, invece, risultavano le notizie relative ai canti, che delle cerimonie cagliaritane rappresentano uno degli aspetti più evidenti e spettacolari.
L’indagine di Mauro Dadea, come sottolineato da Pellegrini “archeologica” nel senso anglosassone del termine, ha ora consentito di ricostruire il testo autentico di liriche famose, intonate dai gruppi cantori di San Giovanni e di San Giacomo, quali Teco vorrei Signore, Sì vago è il tuo tormento, Tomba che chiudi in seno, che fino a non molto tempo fa venivano tramandate solo oralmente. Esse, che a Cagliari si cantano ormai in ordine sparso e largamente incomplete, in origine facevano parte di un commentario alle quattordici stazioni della Via Crucis, composto nei decenni iniziali del Settecento.
Stesso discorso per un’altra canzonetta chiabreresca, A Maria Addolorata, anch’essa ormai cantata solo limitatamente alla prima e all’ultima strofa, Stava Maria dolente e O dolce Madre pura.
La paternità di entrambe le liriche, generalmente, veniva attribuita a Pietro Metastasio già dai suoi contemporanei. Merito di Dadea è stato quello di aver addirittura individuato, nel vastissimo epistolario del Poeta cesareo, una lettera in cui tale falsa attribuzione veniva rifiutata dall’artista non senza un certo sarcasmo.
Il canzoniere delle masse corali cagliaritane comprende anche lo struggente O fieri flagelli, canto sicuramente attribuibile a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (lo stesso autore, tra l’altro, del famosissimo Tu scendi dalle stelle), e altri pezzi che risalendo ben oltre il Settecento, per quanto ancora adespoti, devono collocarsi cronologicamente ormai nel XIX secolo.
Com’era d’altra parte intuibile, quindi, la tradizione canora della Settimana santa cagliaritana risulterebbe non particolarmente antica (basti pensare al fatto che comprende esclusivamente testi in lingua italiana, resa obbligatoria in Sardegna soltanto nel 1815), senza comunque perdere nulla del suo inimitabile fascino.
Ma qui ci troviamo ormai introdotti nel campo specifico dell’indagine storica.
Già nel catalogo della mostra “Dolorosas”, nel 2007, Mauro Dadea aveva dedicato uno studio specifico alla processione dei Misteri, forma embrionale di Via Crucis impiantata a Cagliari nel tardo XVII secolo. Palese, quindi, la sua immediata matrice culturale spagnola, derivante dalla pratica devozionale della Via Dolorosa nata nel medioevo come pellegrinaggio spirituale nei luoghi della Terrasanta.
Quest’anno l’indagine dello studioso si è quindi rivolta verso le sacre rappresentazioni della morte e deposizione di Cristo, diffuse con varianti più o meno cospicue in tutta la Sardegna.
Gli storici del teatro, in termini assoluti, concordano nel riferirle al medioevo europeo, ma anche in questo caso rimaneva incerto il momento del loro impianto a Cagliari.
Una memoria interna all’Arciconfraternita della Solitudine sosteneva che negli anni della sua fondazione, nei primi decenni del Seicento, il sodalizio sarebbe stato incaricato di introdurre in città i riti de “s’Incravamentu” e de “su Scravamentu” direttamente dal governo viceregio.
La ricerca di Dadea sembrerebbe aver trovato una sostanziale conferma alla tradizione orale. Se infatti, da una parte, un diario liturgico della cattedrale di Cagliari, del 1599, non fa ancora il minimo cenno a pur così importanti cerimonie, l’Archivio di Stato cittadino ha appena restituito un documento del 1619, relativo alla commissione del Crocifisso monumentale ad arti snodabili, alto quanto un uomo, ancora oggi usato dall’Arciconfraternita della Solitudine per rappresentare il dramma della crocifissione e della deposizione dalla croce nella parrocchia di Castello.
Entrambi i riti, quindi, sarebbero stati celebrati in città per la prima volta nella Settimana Santa del 1620. A partire da questo momento, per emulazione, anche tutte le altre parrocchie cittadine avrebbero poi dato origine agli stessi cerimoniali in gran parte ancor oggi conservati.
“Misterius. La Settimana Santa a Cagliari” è un libro tanto ricco di novità e di scoperte che a volerle riportare tutte bisognerebbe quasi riscriverlo. Un accenno conclusivo, quindi, va al suo vastissimo apparato iconografico.
Mario Lastretti, fotoreporter con animo d’artista, per vari anni ha pazientemente seguito i riti quaresimali e pasquali celebrati in città, creando così un reportage unico e di ineguagliabile completezza e pregio. Il libro contiene tante immagini spettacolari, rappresentative come poche altre della cagliaritanità più autentica, che pertanto saranno certo ampiamente imitate.
A questo repertorio inesauribile l’autore dei testi ha potuto attingere a piene mani, per documentare con ogni puntualità e completezza il proprio discorso.
Mauro Dadea e Mario Lastretti hanno svolto senza dubbio un eccellente lavoro, ulteriormente valorizzato dalla elegante veste grafica allestita dalla Janus edizioni di Paolo Pisano. Un plauso particolare va dunque all’Amministrazione Comunale di Cagliari, al sindaco Emilio Floris e ai suoi assessori alla Cultura Giorgio Pellegrini e al Turismo Giovanni Giagoni, alla coordinatrice del progetto Ada Lai, dirigente dell’area Servizi al Cittadino, che lo hanno voluto, ne hanno saputo riconoscere l’importanza, e per mezzo di questo libro hanno saputo consegnarlo nelle mani di tutti.
Cesare Valentini