Lo Stagno di Santa Gilla potrebbe dar lavoro sino a 430 persone tra pescatori e tecnici, per tutelare l’ambiente e le risorse ittiche perché finalmente, si possa parlare anche in Sardegna di Economia Ittica alla pari delle altre regioni del nostro Paese. È la proposta innovativa del Consorzio Biotecnomares per lo sviluppo della pesca ed acquacoltura in Sardegna ma in particolare a Santa Gilla. I pescatori non possono da soli così arrivano loro in aiuto gli esperti biologi che possono far sfruttare cento volte tanto le risorse della laguna.
Il Consorzio c’è da tempo e stavolta anche i Comuni si muovono. Il Sindaco di Elmas Walter Piscedda, ha lanciato la proposta del Consorzio Molentargius-Santa Gilla con un vasto ecosistema per un grande rilancio, a cui hanno dato l’ok Capoterra, Assemini e Cagliari. Ma ora spetta alla città capoluogo convocare il tavolo tecnico perché dagli parole si passi ai fatti. Far diventare questa zona umida come la Laguna di Orbetello in Toscana gestita da Comuni, cooperative di pescatori supportata dall’ausilio tecnico scientifico che faccia vivere bene e pescatori.
Utilizzare l’esperienza e lo stato giuridico del Consorzio del Molentargius per smuovere dall’impasse in cui santa Santa Gilla è imprigionata da troppo tempo. Una strategia per superare l’impasse e valorizzare le risorse lagunari. Dove regna il caos con i pescatori abusivi che strappano il pane di bocca a quelli regolari, baracche in eternit. Intanto, i Sindaci non possono far altro che star a guardare perché quell’area non è di loro competenza, ma del Demanio e della Regione. Non resta loro che prendere carta e penna e scrivere agli uffici regionali all’Ambiente. Ma resta fermo in qualche scrivania di via Roma.
La Sardegna importare più del 70 per cento del pescato. “Per questo diventa essenziale riconoscere il ruolo fondamentale della ricerca scientifica applicata all’attività ittica – precisa il direttore generale del Consorzio Biotecnomares, Daniela Cacciuto, referente per Confagricoltura Sardegna per la pesca ed acquacoltura che ha presentato una serie di proposte – chiediamo l’istituzione del dipartimento dell’economia ittica così come realizzato nelle Regioni Marche-Abruzzo-Molise-Emilia Romagna e la riorganizzazione delle concessioni dei vari compendi lagunari che vedano insieme cooperative di pescatori ed enti di ricerca a partire dalle strutture con maggior degrado come di Santa Gilla, Marceddì Cabras. Urgente diventa così la Carta vocazionale per lo sviluppo della maricoltura perché evita alle imprese ittiche il costo oneroso per portare avanti lo studio di fattibilità ambientale, oggi richiesto, solo da noi, per avere una Concessione marina”.
Le leggi per la pesca in laguna, restano arcaica da queste parti, intanto avanza l’anarchia e Santa Gilla non produce quanto dovrebbe perché è in coma. Respira a fatica e i pescatori a stento riescono a tirar fuori la giornata.
“Si potrebbero creare filiere produttive che garantiscano la qualità e la specificità del prodotto sardo. E quindi, introdurre zone di tutela biologica per il ripopolamento della fauna ittica affidate a cooperative di pescatori e acquacoltori con la supervisione e direzione della struttura scientifica di ricerca”, conclude la biologa Cacciuto.
Non mancano idee e progetti per tirare su una filiera integrata del prodotto ittico attraverso la realizzazione di struttura di riproduzione, nursery e successivo allevamento e lavorazione e commercializzazione del prodotto. Bisogna trovare la volontà politica e le norme per uscire dal pantano. Una di queste potrebbe essere un Consorzio unico Santa Gilla-Molentargius per far funzionare i distretti di pesca istituiti dalla legge del 2006 per la gestione delle risorse biologiche marine.
Condurre così Santa Gilla verso l’istituzione una Riserva naturale orientata che crei occupazione, tuteli la fauna e chissà arrivi presto anche lo sviluppo turistico.
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