Popolazione: 23826 abitanti alla data del’ 8 febbraio 2016 (di cui maschi 11838, femmine 11988) – Fonte: http://www.comune.capoterra.ca.it/
Superficie: 68,25 kmq
Altitudine: mt. 54 slm (Capoterra centro)
Confini: Nord, Uta e Assemini; Est, Golfo di Cagliari; Sud, Sarroch; Ovest, Assemini
Feste: 15 gennaio, Sant’Efisio patrono di Capoterra; 1ª domenica di luglio, Santa Barbara compatrona di Capoterra; 3ª domenica di settembre, San Girolamo o Gerolamo
Frazioni: Santa Rosa; Poggio dei Pini; Residenza del Poggio; Frutti d’Oro 1, 2, La Vigna; Residenza del Sole – (Coop. 1000); Rio Santa Lucia; Torre degli Ulivi A, B; Su Spantu 1, 2, 3; Petite Residence; La Maddalena Spiaggia; Picciau; Rio San Girolamo – (Coop. 100 – Le Case del Sole)
Il territorio
Il territorio di Capoterra si estende per circa 6.800 ettari ai margini orientali del massiccio granitico del Sulcis, laddove questo va degradando verso le estreme propaggini del Campidano di Cagliari e verso il mare. Oltre la metà della superficie territoriale è montana, mentre la parte rimanente ha andamento pianeggiante di tipica natura alluvionale che si protende a Nord verso l’agro di Assemini, ad Est verso il Golfo di Cagliari ed a Sud verso l’agro di Sarroch. Tra i maggiori rilievi montani vi sono: M. Conchioru (m. 740), M. Pauceris Mannus (m, 720) e Sa Conca de sa Scandula (m. 718). Alquanto favorito sotto il profilo idrografico, il territorio di Capoterra, oltre che dal rio Masone Ollastu e dal rio S. Girolamo, è attraversato dal rio S. Lucia, da cui traggono alimento le ricche falde freatiche della zona denominata Tuerra. I tre corsi d’acqua sfociano lungo il tratto di confine comunale con il mare. La zona montana, parte della quale interessata da vincoli ambientalistici, è caratterizzata dalla diffusa presenza di esemplari tipici della flora e della fauna sarde, arricchite di alcune specie arboree come il carrubo ed animali come il cervo sardo, il gatto selvatico , raramente rinvenibili in altre zone dell’isola e costituisce elemento di attrazione turistica per i suggestivi aspetti paesistici oltre che per alcune significative testimonianze archeologiche e storiche. Al territorio di Capoterra si accede tramite la S.S. n. 195 “Sulcitana” e quindi la S.P. n. 2 (provenendo da Cagliari e da Sarroch), la S.P. n. 2.13 fino a Cirifoddi, poi intercomunale (provenendo, attraverso la zona montana, da Santadi) e la Strada Consortile Industriale di Macchiareddu, che a sua volta si innesta nella Strada Pedemontana del Cixerri (provenendo da Villamassargia e da Assemini). Nel territorio di Capoterra sono sorti, a distanza di vari chilometri dal Centro Storico e dislocati sulle pendici collinari e lungo il litorale, numerosi insediamenti residenziali, sviluppatisi in modo intenso a partire dagli anni ‘70 ed abitati in prevalenza da cittadini provenienti dalla limitrofa area urbana cagliaritana.
Cenni storici
Gli interessanti reperti archeologici individuati anche di recente nell’ambito del territorio di Capoterra, lasciano supporre che nella zona vi siano state, fin dalla più remota antichità, presenze umane largamente diffuse. Oltre alle tracce di insediamenti nuragici nelle località Cuccuru Ibba, Monte Arrubiu e Carruba Durci, sono degne di menzione le numerose testimonianze punico-romane di Baccutinghinu, Bacchialinu, Bidda Mores e romane di Perda su Gattu, Tanca sa turri, Bau sa mola, Is Gunventus, S. Vittoria, Su Loi, per citare alcune tra le più importanti. Al periodo romano in particolare andrebbe ascritto un primo esempio di vita comunitaria condotta nei pressi della località S. Vittoria, come è stato possibile dedurre dai significativi ritrovamenti archeologici effettuati nella zona. Dopo un lungo periodo in cui tra il 450 ed il 1000 circa nel territorio si succedettero, con effetti non certo benefici per coloro che lo abitavano, occupazioni vandale e scorrerie arabe, la popolazione capoterrese ritrovò un periodo di tranquillità organizzandosi in un nuovo agglomerato abitativo sorto prudentemente a maggiore distanza dalla costa. L’agglomerato ebbe una certa importanza nel periodo dei Giudicati, allorché divenne centro amministrativo della Curatoria di Nora: spesso, infatti, il nome di Capoterra ricorre in importanti documenti dell’epoca. Nelle contese che dalla fine del XII secolo seguirono tra i Pisani ed i Genovesi per il predominio commerciale e politico del cagliaritano, si inserirono gli Aragonesi, i quali, a seguito di alcune vicende belliche, nel 1324 entrarono in possesso del feudo di Capoterra che venne poi affidato a Giacomo Villana, uno dei nobili Pisani rimasti fedeli all’Infante Alfonso. Successivamente, nel corso di una guerra che scaturì dai non limpidi rapporti tra Aragonesi, Pisani e Giudicato d’Arborea, la Villa di Capoterra venne distrutta per mano di Berengario Carroz II, il quale infierì sugli abitanti decimandoli. A seguito dell’episodio, e per circa due secoli, l’agro di Capoterra rimase pressoché spopolato. Solo nel 1655 Girolamo Torrellas, sfidando la peste che in quel tempo imperversava nell’Isola, riuscì a ripopolare il territorio di quella che era allora la sua Baronia e fondò il Villaggio che, pur tra complesse ed alterne vicende legate ad avvenimenti politici che culminarono con l’avvento della dominazione Sabauda, ebbe modo di svilupparsi negli anni successivi dando infine origine all’attuale Capoterra.
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Le risorse economiche
Gli eventi storici succedutisi nei secoli, non furono certo dispensatori di occasioni di sviluppo socio-economico per la popolazione di Capoterra che a lungo si vide costretta a condizioni di vita talora di estremo disagio. Nel tempo i capoterresi riuscirono con determinazione a conquistarsi il quotidiano, praticando l’agricoltura, la pastorizia ed altri lavori limitati allo sfruttamento delle risorse offerte dal territorio. Solamente nei primi anni del XIX secolo, essi si trovarono ad operare in un favorevole e stimolante contesto dell’economia agricola locale dovuto alle interessanti ed innovative iniziative messe in atto dal Marchese Stefano Manca di Villahermosa nella azienda in località Tanca di Nissa. Fu proprio da questo settore, e non dai più disparati lavori modesti e di tipo essenzialmente stagionale, che cominciarono a derivare maggiore soddisfacimento dei vitali bisogni ed anche significative gratificazioni. Cominciò pertanto a delinearsi una netta fisionomia di paese preminentemente agricolo con sempre più numerosi addetti in grado, grazie all’esperienza acquisita, di svolgere un ruolo di primo piano allorché coinvolti, direttamente od indirettamente, nelle fiorenti attività promosse agli albori del XX secolo nelle aziende modello Su Loi e S. Angelo o nei settore vinicolo e caseario. Ancora oggi la maggiore risorsa di Capoterra è costituita dall’agricoltura, alla quale si affiancano la pastorizia ed un certo numero di piccole attività industriali, commerciali ed artigianali. Negli ultimi anni, la mano d’opera locale ha trovato altresì sbocco nell’attività edilizia e nell’industria petrolchimica: con la crisi di quest’ultima sono state però ridimensionate le aspettative del paese nei riguardi di un settore dal quale non si sono avute le auspicate ricadute in termini sociali ed economici. Da qualche tempo, avvalendosi di antiche esperienze e di rinnovati stimoli nel settore agricolo confermatosi elemento portante nell’economia del paese, molti capoterresi hanno intrapreso le colture in serra di fiori ed ortaggi, specializzandosi in modo particolare nella produzione del pomodoro da mensa. La laboriosità, la professionalità e le capacità imprenditoriali sempre crescenti di questi agricoltori “specialisti”, hanno permesso di conseguire ottimi risultati sia nella produzione che nella commercializzazione dei prodotti di serra.