Quaranta anni di ricerche e viaggi nei cinque Continenti per collezionare 700 strumenti musicali, sonos de canna. Tutti custoditi nel Museo della Musica, in via Ischia. Qui si potrebbero anche creare alcuni posti di lavoro se le istituzioni, ad iniziare dal Comune, prestassero maggiore attenzione. Amministrazioni distratte dal Puc e dalle emergenze dei lavori pubblici, non si sono mai occupate né di questo museo né di quello di Scienze naturali che 8 anni fa si è dovuto forzatamente traslocare alla Vetreria di Pirri. Un pezzo di cultura e di possibile sviluppo occupazionale è andato perso nel disinteresse generale.
Un tesoro nascosto che diffonde sonos de su mundu dagli innumerevoli strumenti musicali, conservati nella casa di Antonio Ghiani, in una piccola strada privata inghiottita dalla circonvallazione di Corso Africa.
In pochi conoscono lo scrigno di inestimabile valore, racchiuso tra il roboante via e vai del traffico cittadino. In quella stradina c’è una casa trasformata in museo dalla volontà santa da un uomo che fin dalla tenera età ha amato la musica. Ha conservato i più antichi strumenti musicali come cimeli non da tenere nascosti, ma da mostrare a tutti. Ha restaurato con soldi propri e successivamente ha spalancato le porte. Il visitatore appassionato o no di cultura musicale, attraverso 700 strumenti potrà percorrere la storia, la cultura, le tradizioni, gli usi e i costumi dei popoli del mondo.
“La musica non ha colori e confini, ha un solo obiettivo, diffondere ovunque il linguaggio dell’amore e della fratellanza. Un linguaggio universale chiaro a tutti, anche se apparentemente suonato con strumenti diversi”, spiega rigorosamente in lingua sarda, Antonio Ghiani, 67 anni. Lui ha iniziato da giovanissimo a suonare prima il clarinetto, poi la chitarra per passare a is launeddas , suo maestro Dionigi Burranca di Samatzai morto nel 1995 all’età di 82 anni.
Quattro anni fa, assieme all’Associazione Sonus de canna, ha pubblicato un manuale con tanto di Cd interattivo per insegnare l’antica arte.
Il Museo è un viaggio alla scoperta delle tradizioni popolare di tutto il mondo, ad iniziare dalla Sardegna per passare in Europa, Cina, Africa, America e negli angolo più nascosti dell’India. Qui ci sono opere di inestimabile valore che raccontano la storia della musica dei vari popoli. “Sunt traballadas cun abillenzia de maistus mannus. Hant traballau crocorigas, nuxis corrus e cannas po sonai una musica connota de totu su mundu”, continua Ghiani. Opere lavorate con abilità dei maestri artigiani dei vari Paesi, realizzate nel corso del tempo. Una noce, una canna e una zucca svuotata dai semi e lasciata seccare, se sapientemente lavorata diventava uno strumento musicale. Così facevano gli antenati: “Con i sonus de canna animavano le feste, accompagnavano le processioni religiose e la sera si fariant is ballus in praza de cresia, aundi i piciocus pregontiant sa sposa. Cussu fiat su spassiu nostu. A pustis de sa guerra, sunt arribaus is americanus e hant portau totu un atera musica e meda de cussu chi sonemus nos, s’est perdiu”. I tempi che cambiano, sono ricordati con nostalgia.
Un museo in una casa, sistemata tanto sudore e senza avere un centesimo di contributo da parte degli enti. In questo luogo di storia e di cultura di tutti i popoli del mondo si entra su prenotazione e chi vuole può lasciare un’offerta che servirà a coprire le spese oppure ad arricchire il patrimonio d’arte.
Accanto al mandolino la targa: “dono di Massimiliano Tedde” e per continuare con i doni offerti dalle scolaresche e amici che nei bazar del mondo hanno beccato su sonu de canna e hanno così continuato ad arricchire la collezione.
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